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PROCEDURA ADS, PARTI IN CAUSA

Nella procedura per amministrazione di sostegno non esistono parti necessarie al di fuori del beneficiario

 Con la pronuncia n. 19935 del 2024, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha ricordato che:
 
"ogniqualvolta si discuta, in un giudizio promosso per la apertura della amministrazione sostegno della possibilità di applicare l'art 411 c.c. che consente al giudice tutelare di estendere al beneficiario determinati effetti, limitazioni o decadenze previsti per l'interdetto o l'inabilitato, una lettura costituzionalmente orientata della normativa di riferimento esige che il destinatario della misura ablativa di diritti disponga delle medesime garanzie che assistono le procedure di interdizione o di inabilitazione, con particolare riferimento al rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio, non potendo ragionevolmente riconoscersi garanzie differenziate in relazione a provvedimenti che spieghino pari effetti sostanziali (Cass. 29 novembre 2006, n.25366; Cass. n. 6861 del 20 marzo 2013).
 
Ciò non significa che il beneficiando debba necessariamente costituirsi a mezzo di un difensore, o avere un difensore d'ufficio, ma, dovendo fruire della stesse garanzie previste per l'interdicendo e per l'inabilitando deve essere informato della pendenza del procedimento e della facoltà di difendersi in esso, pur avendo la libertà di restare – consapevolmente - contumace. Per questa ragione il giudice tutelare deve, ogni caso in cui il provvedimento da emettere - sia o non corrispondente alla misura richiesta - incida in maniera diretta sui diritti inviolabili della persona, invitare la parte a nominare un difensore, e salvo il dovere di sentire personalmente l'interessato secondo quanto dispone l'art. 407 c.c. (Cass. n. 25366/2006, cit.)."
 
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