L'abolizione dell'interdizione
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- Ultima modifica il Mercoledì, 30 Marzo 2016 13:06
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PROPOSTA DI LEGGE N.1985
Prospettive assistenziali, n. 191, 2015
CONCERNENTE L’ABOLIZIONE DELL’INTERDIZIONE E DELL’INABILITAZIONE [1]
GIUSEPPE D’ANGELO
La proposta di legge n. 1985, concernente "Modifiche al Codice civile e alle disposizioni per la sua attuazione, concernenti il rafforzamento dell'amministrazione di sostegno e la soppressione degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione", è stata presentata alla Camera il 23 gennaio 2014, dai Deputati Campana, Cuperlo, Argentin, Bossa, Capone, Carra, Crivellari, Giacobbe, Petitti, Rampi e Valeria Valente, dopo dieci anni dall'entrata in vigore della legge n. 6/2004 sull'amministrazione di sostegno [2]. Finora non è stata presa in esame. Ne riportiamo di seguito gli aspetti salienti.
Le motivazione dell’abolizione dell’interdizione e dell’inabilitazione
La proposta di legge intende abolire l'interdizione e l’inabilitazione [3] ed estendere la categoria dei soggetti deboli da tutelare con un unico strumento giuridico, quello dell’amministrazione di sostegno.
Secondo gli estensori, gli istituti giuridici dell’interdizione e dell’inabilitazione avrebbero caratteristiche “avvilenti” in quanto “incapacitanti” il soggetto destinatario di tutela. Tra le motivazioni addotte, come si legge nella relazione introduttiva, vi sarebbero:
«1. il taglio espropriativo dell'interdizione, un regime che comporta la morte civile della persona, che tradisce valenze cripto- punitive, che dà luogo ad un eccesso di impedimenti anche di natura non patrimoniale;
«2. la mancanza di valore terapeutico: inidoneità a prestarsi a un progetto personalizzato di risocializzazione per il disabile;
«3. una enfasi solo economicistica, impostazione di favore nei riguardi dei familiari dei terzi, frequenza statistica per il caso di sciacallaggio;
«4. costosità, scarsa trasparenza delle procedure, debolezza delle garanzie formali e politiche, complessità delle revoche e delle modifiche».
Il provvedimento all’esame della Camera prevede altresì la cancellazione dell'interdizione legale[4].
Dalla “incapacità di agire” alla “inadeguatezza gestionale”
La proposta di legge presenta un cambiamento lessicale, mutando il riferimento alla categoria delle “incapacità di agire” ed introducendo in sostanza la nuova figura della cosiddetta “inadeguatezza gestionale”, che dovrebbe essere il riferimento per decidere se la persona ha la necessità di un intervento di protezione da parte dell’amministrazione di sostegno.
Rispetto all’interdizione, le limitazioni imposte al soggetto sono quelle evidenziate nel decreto dal giudice tutelare (atto che può essere sempre aggiornato/modificato). Ne consegue che il beneficiario del provvedimento di amministrazione di sostegno conserva la capacità di compiere gli atti di natura personale non assegnati all’amministratore di sostegno, riguardo i quali non sia stato incapacitato dal giudice tutelare nel proprio esclusivo interesse.
Infatti, com’era e come è precisato dalla legge n. 6/2004, anche la proposta di legge in oggetto ha «la finalità di tutelare con la minore limitazione possibile della capacità di agire le persone prive in tutto o in parte di autonomia».
Pertanto anche gli atti cosiddetti personalissimi (ad esempio redigere un testamento, fare donazioni, contrarre matrimonio, ecc.) non sono più proibiti tout-court, come è previsto per l’interdetto.
Il giudice tutelare deve elencare di volta in volta gli atti impediti al beneficiario nel suo stesso interesse; pertanto potrà essere ammesso, ad esempio, a fare testamento e donazioni, ma anche sposarsi o altro.
Il testo prevede in ogni caso che talune operazioni possono essere compiute anche contro la volontà di beneficiario laddove necessario.
A tal fine è rafforzato il ruolo affidato al giudice tutelare, che rappresenta il fulcro del sistema di protezione «essendo [a] lui affidato il delicato ruolo di stabilire le direttive di base ed introdurre gli aggiustamenti, le divisioni che via via si imporranno secondo l'evoluzione concreta della situazione».
Il co-amministratore di sostegno sostituisce il nuovo protutore
Al fine di evitare che la persona in difficoltà rimanga senza protezione nei casi in cui l’amministratore di sostegno non può intervenire, la proposta di legge in oggetto prevede la possibilità di nomina di un co-amministratore di sostegno, qualora ciò risponda all'interesse del beneficiario. Si tratta di una figura simile all’attuale protutore e con le medesime finalità.
Le norme transitorie
Per quanto riguarda le norme transitorie, nel passaggio dall’attuale regime al nuovo sistema, si prevede che in caso di interdizione e inabilitazione già pronunciate alla data di entrata in vigore della legge, vi sia la revoca automatica del relativo status con contestuale attivazione dell'amministrazione di sostegno da parte del Pubblico ministero. È altresì previsto che il tutore e curatore assumano automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione, fino all’istituzione della misura di protezione da parte del giudice tutelare.
Aspetti procedurali
Per quanto riguarda gli aspetti procedurali, il progetto di legge prevede una difesa tecnica nei casi in cui il giudice tutelare ritenga di disporre nei confronti del beneficiario divieti e/o limitazioni o decadenze tali da incidere sui diritti fondamentali della persona. Pertanto nel procedimento di amministrazione di sostegno l’intervento di un avvocato (eventualmente avvalendosi dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato) sarà obbligatorio nei casi in cui sia in gioco la limitazione di diritti fondamentali della persona.
Introdotte norme sul “dopo di noi” senza tener conto dei diritti esigibili esistenti [5]
La proposta di legge in oggetto prevede soluzioni per il “dopo di noi”, introducendo nel codice civile «con il pensiero rivolto soprattutto ai genitori di un disabile e alle preoccupazioni che essi possono nutrire rispetto al domani – un istituto di tipo nuovo, denominato “patrimonio con vincolo di destinazione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia” e preordinato a favorire la sicurezza e l’autosufficienza economica del disabile». Tale disciplina prende il posto della “sostituzione fedecommissaria” (articolo 692 del codice civile), figura che – in considerazione del collegamento con l’interdizione – viene ora soppressa.
La nuova disposizione sul “patrimonio con vincolo di destinazione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia” non tiene conto però che la questione del “dopo di noi” era già stata in parte risolta dai regi decreti 6535/1889 e 773/1931 per quanto riguarda l’obbligatorietà del ricovero presso strutture residenziali delle persone inabili al lavoro, prive di mezzi di sussistenza e quindi anche le persone con handicap intellettivo grave, nei casi in cui non fosse più possibile la loro permanenza a casa, nonché dal regio decreto 384/1933 che aveva reso obbligatorie le spese di Comuni per il mantenimento degli inabili al lavoro, finanziando pertanto anche le prestazioni domiciliari.[6]
Attualmente, in base ai Lea, Livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 le cui norme sono cogenti in base all’articolo 54 della legge 289/2002) [7] il Servizio sanitario nazionale è obbligato dal 2003 (sono trascorsi ben 12 anni!) a fornire ai succitati nostri concittadini le occorrenti prestazioni domiciliari (cure a casa) e residenziali (ricovero in struttura, preferibilmente comunità alloggio da 8-10 posti inserite nel contesto abitativo per le persone con disabilità intellettiva grave), nonché per i soggetti con gravi disabilità anche quelle semiresidenziali (centri diurni). [8]
In merito al nuovo istituto “patrimonio con vincolo di destinazione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia” previsto dalla proposta di legge in oggetto, ricordiamo che, sempre in base ai Lea, per le prestazioni di tipo residenziale l’utente, qualora possieda risorse economiche reddituali e/o patrimoniali, è tenuto a partecipare al pagamento della retta di ricovero (retta che può arrivare anche sino a 4mila/5mila euro al mese) per una percentuale che a seconda dei casi può variare dal 30 al 60%. Le leggi vigenti stabiliscono altresì la compartecipazione alle spese da parte delle persone frequentanti i centri diurni.
Si deplora altresì che nel testo della proposta di legge n. 1985 non venga fatto alcun riferimento alle leggi vigenti che sanciscono diritti esigibili a favore delle persone non autosufficienti, omissione che provoca non solo angosce frustranti da parte dei familiari delle persone con gravi handicap intellettivi, ma anche la ricerca di soluzioni molto onerose sotto il profilo economico e spesso anche gravemente emarginanti, com’è il caso dei villaggi per disabili.
Conclusioni
È auspicabile che la proposta di legge 1985 venga approvata al più presto, previo adeguamento alle leggi vigenti delle norme sul “dopo di noi”, in modo che vi sia un unico istituto giuridico, quello dell’amministrazione di sostegno, previsto a tutela delle persone in difficoltà. In questo modo si porrà anche termine agli attuali deleteri conflitti fra giudice tutelare e tribunali derivanti dalla presenza nel nostro ordinamento delle superate disposizioni relative all’interdizione e all’inabilitazione (tutela e curatela) e all’amministrazione di sostegno.
[1] Sul tema dell’interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno su Prospettive assistenziali sono stati pubblicati i seguenti articoli: Maria Lidia De Luca Raimondi, “Funzioni e compiti del giudice tutelare nell'affidamento familiare”, n. 69, 1985; M. Dogliotti, “Interdizione e inabilitazione, tutela e curatela: necessità di una riforma”, n. 73, 1986; P. Cendon “Profili dell'infermità di mente nel diritto privato”, n. 77, 1987; M. Dogliotti, “II diritto alle cure sanitarie degli anziani cronici non autosufficienti”, n. 108, 1994; La scuola dei diritti (parte seconda) R. Carapelle “Interdizione ed inabilitazione: realtà e prospettive” e Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale, “Istanza per la procedura gratuita dell'interdizione e dell'inabilitazione”, n. 109, 1995; “Progetto di legge n. 3801 (On. Novelli, Camera dei Deputati) per l'istituzione degli Uffici di pubblica tutela e il trasferimento delle funzioni assistenziali dalle Province ai Comuni”, n. 120, 1997; “Osservazioni critiche sulla proposta di legge n. 960 riguardante le persone non autosufficienti e l'istituzione dell'amministratore di sostegno” e C. Sessano “Come ottenere gratuitamente l'interdizione”, n. 121, 1998; “Nomina da parte del Giudice tutelare dell'amministratore provvisorio di persone incapaci”, “Costituita l'Associazione tutori volontari” e “II Governo nega le esigenze e i diritti dei cittadini più deboli: occorre salvare il salvabile a livello parlamentare e aprire vertenze nei confronti delle Regioni e dei Comuni”, n. 122, 1998; “I giudici tutelari non difendono il diritto alle cure sanitarie dei pazienti psichiatrici e degli anziani cronici”, n. 128, 1999; C. Sessano “Un’esperienza innovativa in materia di interdizione di soggetti con handicap gravissimo e di malati di Alzheimer”, n. 138, 2002; M. Perino, “L'ambiguo compito dell'attuale pubblico tutore”, n. 141, 2003; G. D'Angelo, “L'esperienza dell'Associazione tutori volontari di Torino”, n. 142, 2003; “La legge sull’amministrazione di sostegno”, n. 145, 2004; “Per una effettiva protezione dei minori: proposte di modifica del codice penale e creazione degli uffici provinciali di pubblica tutela”, n. 149, 2005; M. Perino, “Pubblica tutela e difesa dei diritti del tutelato”, n. 150, 2005; “Presentato al Senato un disegno di legge per la tutela temporanea della salute dei cittadini impossibilitati a provvedervi personalmente”, n. 151, 2005; Associazione tutori volontari, “Sulla proposta di abolizione dell’interdizione e dell’inabilitazione” e “Amministrazione di sostegno e interdizione”, n. 155, 2006; “Iniziative per l’abrogazione dell’interdizione e dell’inabilitazione e la modifica dell’amministrazione di sostegno”, n. 158, 2007; “Istituiti in Piemonte gli Uffici provinciali di pubblica tutela: un primo timido passo a sostegno dei soggetti deboli”, n. 162, 2008; “Richiesta l’attribuzione di ulteriori funzioni agli Uffici provinciali di pubblica tutela del Piemonte”, n. 164, 2008; “Presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge sulla tutela temporanea della salute nei casi di impossibilità di provvedervi personalmente”, n. 174, 2011.
[2] La legge 9 gennaio 2004, n. 6 reca il titolo “Introduzione nel libro primo, titolo XII, del Codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali”.
[3] Ricordiamo in merito gli attuali articoli del Codice civile: articolo 414: «Persone che possono essere interdette. Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione»; articolo 415: «Persone che possono essere inabilitate. Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere inabilitato.Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcooliche o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici.Possono infine essere inabilitati il sordo e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente, salva l'applicazione dell'articolo 414 quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi»; articolo 416: «Interdizione e inabilitazione nell'ultimo anno di minore età. Il minore non emancipato può essere interdetto o inabilitato nell'ultimo anno della sua minore età. L'interdizione o l'inabilitazione ha effetto dal giorno in cui il minore raggiunge l'età maggiore».
[4] L’interdizione legale è una pena accessoria contemplata dal Codice penale per alcuni reati gravi.
[5] Purtroppo molti Parlamentari continuano a non tener conto delle norme vigenti che assicurano già oggi diritti esigibili in merito al “dopo di noi”. Si vedano gli articoli: “Molto preoccupante il numero di Parlamentari che ignorano le leggi vigenti sui diritti delle persone non autosufficienti”, Prospettive assistenziali, n. 184, 2013; “Altri Parlamentari ignorano le leggi vigenti sui diritti delle persone non autosufficienti”, Ibidem, n. 185, 2014; “Aumenta il numero dei Parlamentari che presentano proposte di legge omettendo i vigenti diritti delle persone non autosufficienti alle prestazioni socio-sanitarie”, Ibidem, n. 188, 2014. Si vedano anche gli articoli “Altri negazionisti dei vigenti diritti delle persone non autosufficienti alle prestazioni socio-sanitarie”, Ibidem, n. 186, 2014; “’Durante e dopo di noi’: i vigenti diritti delle persone con disabilità e con autismo negati in Parlamento. È urgente intervenire”, Ibidem, n. 188, 2014 e “L’Anffas seguita a non segnalare le leggi che stabiliscono diritti esigibili alle persone con disabilità intellettiva o con autismo e limitata o nulla autonomia”, Ibidem, n. 190, 2015.
[6] Si veda l’articolo “Come abbiamo procurato un ricovero d’emergenza a un nostro congiunto colpito da grave handicap intellettivo”, Prospettive assistenziali, n. 123, 1998.
[7] Per quanto concerne le leggi vigenti si veda l’articolo “Soggetti con grave disabilità intellettiva: esigibilità del diritto alle prestazioni socio-sanitarie domiciliari, semiresidenziali e residenziali”, pubblicato nel n. 185, 2014 di questa rivista. Al riguardo precisiamo che le norme riguardanti i succitati soggetti valgono anche per le persone con autismo grave.
[8] Si veda in proposito l’articolo di Mario Benetti, “Come mia moglie ed io abbiamo assicurato il durante e dopo di noi a nostra figlia colpita da grave disabilità intellettiva”, Prospettive assistenziali, n. 189, 2015.