Lettera aperta ai Giudici tutelari
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CORRETTE INFORMAZIONI SULLA CONTINUITA' TERAPEUTICA
Torino, 4 luglio 2016
- Egr. Presidenti di Tribunale
- Egr. Giudici tutelari
c/o Tribunali ordinari italiani
LORO SEDI
Ci permettiamo di segnalare l’estrema gravità della situazione in cui si trovano migliaia di persone, soprattutto anziane, così gravemente malate da essere precipitate anche nella devastante condizione di non autosufficienza. Ne consegue che esse necessitano di immediate prestazioni diagnostiche e terapeutiche.
A causa degli omessi obbligatori interventi del Servizio sanitario nazionale [1], queste persone sono tenute in vita sulla base delle possibilità e capacità di cura dei familiari che non hanno obbligo – così pure i relativi tutori/amministratori di sostegno - di fornire prestazioni sanitarie o socio sanitarie ai loro congiunti/tutelati/amministrati. A questo riguardo si ricorda che l'articolo 23 della Costituzione recita: «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».
Pertanto il Servizio sanitario nazionale deve erogare le occorrenti prestazioni anche alle persone non autosufficienti la cui condizione di estrema malattia non consente loro di svolgere le più elementari funzioni vitali (e quindi di indicare la fenomenologia, l’intensità, la localizzazione e tutte le altre caratteristiche, non solo dei dolori di cui soffrono ma anche relative al soddisfacimento delle loro più elementari esigenze vitali, provvedere all’assunzione di medicinali e/o delle necessarie terapie, alla alimentazione/idratazione, all’igiene, alla mobilizzazione...) senza l’aiuto determinante di altri, in mancanza dei quali i malati sono destinati ad aggravarsi e morire in brevissimo tempo. Pertanto questi infermi sono in una situazione non solo di urgenza, ma di assoluta e continua emergenza.
Tutto ciò premesso non vorremmo che a causa di informazioni errate, i congiunti degli anziani malati cronici non autosufficienti e delle persone con demenza senile o i loro tutori/amministratori di sostegno - fossero indotti – a seguito di decisioni contrastanti con le norme di legge e con i diritti dei tutelati /amministrati, a ritenere che a loro compete in base alle leggi vigenti garantire le cure degli infermi colpiti da patologie inguaribili ma sempre incurabili senza accanimenti e da non autosufficienza.
Inoltre è evidente che la valutazione dell'eventuale non appropriatezza della struttura in cui l'infermo è ricoverato compete esclusivamente al Servizio sanitario e non ai congiunti; Servizio che in ogni caso è obbligato a disporre il trasferimento in altra struttura idonea come ad esempio è la Rsa, prestazione rientrante nei Lea. In questo caso, tra l'altro, il malato non autosufficiente concorre al pagamento della quota alberghiera (50% del costo della retta) con minori oneri a carico del Servizio sanitario nazionale.
Per quanto concerne la priorità delle prestazioni domiciliari – laddove possibili – si fa presente che questa Associazione ha sostenuto all’interno del Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) la Petizione promossa dalla Fondazione promozione sociale onlus, a favore della priorità del diritto alle cure domiciliari rivolta a Parlamento, Governo, Regioni e Province autonome, sottoscritta da oltre 20mila cittadini elettori e con l'adesione di 49 organizzazioni pubbliche e private (cfr. sito www.fondazionepromozionesociale.it).
Restiamo a disposizione e porgiamo cordiali saluti.
p. Associazione Tutori Volontari
Giuseppe D'Angelo
[1] In base alla legge 833 del 1978 e alle norme sui Lea, Livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie, compete al Servizio sanitario nazionale e non ai congiunti provvedere alle cure sanitarie e sociosanitarie degli anziani malati cronici non autosufficienti e delle persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile. Infatti, come risulta dalle lettere di opposizione alle dimissioni da ospedali e case di cura private il cui fac-simile è stato predisposto dalla Fondazione promozione sociale onlus (www.fondazionepromozionesociale.it) , l'articolo 2 della legge 833/1978 stabilisce che il Servizio sanitario nazionale deve assicurare «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata» e deve altresì provvedere «alla tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione». Inoltre l’articolo 1 della stessa legge 833/1978 sanciva e sancisce che il Servizio sanitario nazionale deve garantire le prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali «senza distinzioni di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’uguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio» sanitario nazionale.
Per quanto concerne il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001, diventato legge ai sensi dell’articolo 54 della legge 289/2002 (Finanziaria 2003), gli scriventi rilevano che fra «le prestazioni di assistenza sanitaria garantite dal Servizio sanitario nazionale» sono compresi gli interventi di riabilitazione e di lungodegenza, nonché quelli relativi alle «attività sanitarie e socio-sanitarie rivolte alle persone anziane non autosufficienti» e che l’esigibilità dei diritti sanciti dai Lea è stata riconosciuta anche dalla Risoluzione n. 8-00191 approvata all’unanimità l’11 luglio 2012 dalla Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati.
Si evidenzia che nella sentenza n. 36/2013 la Corte costituzionale ha precisato che «l’attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di anziani non autosufficienti è elencata tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001». Nella stessa sentenza la Corte costituzionale ha definito non autosufficienti le «persone anziane o disabili che non possono provvedere alla cura della propria persona e mantenere una normale vita di relazione senza l’aiuto determinante di altri».
Si rileva altresì che nella circolare del 4 marzo 2014 il Direttore della sanità della Regione Piemonte, Sergio Morgagni, ha evidenziato la necessità che la Regione «garantisca ai cittadini il cosiddetto “percorso di continuità assistenziale” attraverso la presa in carico del paziente da parte delle Aziende sanitarie locali di residenza dell’assistito e degli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali competenti» evidenziando che «il compito di governare il percorso di continuità assistenziale sia in capo all’Asl competente per territorio e non ai parenti dei pazienti ovvero alla struttura di ricovero che costituisce una delle tappe di tale percorso».
Il Difensore civico della Regione Piemonte ha più volte sottolineato la necessità dell’attuazione del diritto alla continuità terapeutica degli anziani malati cronici non autosufficienti e delle persone con demenza senile. Si vedano ad esempio le note del 14 maggio e del 9 ottobre 2012 e del 28 marzo 2013 nonché le relazioni annuali presentate dal Difensore civico al Consiglio regionale del Piemonte. A sua volta il Difensore civico della Regione Lazio, Dott. Felice Maria Filocamo, nella lettera del 21 novembre 2014, n. 0016981 ha precisato che «il principio di continuità assistenziale è diretta applicazione del diritto alla salute ex articolo 32 della Costituzione» e che «il diritto ai trattamenti sanitari è tutelato come diritto fondamentale nel suo nucleo irrinunciabile del diritto alla salute, protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di evitare il formarsi di situazioni prive di tutela, che possono appunto pregiudicare l’attuazione (cfr. Corte costituzionale n. 432 del 2005 e n. 233 del 2003)».